DEMA
«L'atto di disobbedienza, in quanto atto di libertà, è l'inizio della ragione.» - Erich Fromm

mercoledì 10 marzo 2010

Danny Boodman T.D. Lemon NOVECENTOOOOO

Ore 20.45 serata nevosa. Sono stanco e decisamente poco propenso all'attenzione. Ma stasera è il turno del teatro S. Giuseppe di Brugherio dove va in scena "Novecento" di Alessandro Baricco. Non ho letto il testo. Non so nulla della storia se non per cose sentitemi raccontare da chi probabilmente ha visto il film di Tornatore. Sul palco ci è stato promesso Corrado D'Elia. Non so chi sia. In ogni caso tempo di fare due parole prima dell'inizio e si spengono le luci. Appare l'uomo. Magro. Sembra giovane. Poi parla. La voce. Che voce!! Racconta una storia con la voce grattata che calza perfettamente al personaggio che vive, un musicista di navi transatlantiche fallito. Dopo 3 minuti di monologo ho la sensazione di essere di fronte ad un qualcosa di un altissimo livello. Non sono un estimatore del teatro in senso stretto del termine. Mi piace il teatro di Narrazione, qualcosa del teatro più classico ma certo non conosco attori e non ho visto rappresentazioni più di una volta in modo da ricordarmi ogni volta chi era l'interprete. Questo credo che oltre a rendermi più ignorante in materia mi renda anche decisamente più libero dalle convenzioni che vogliono dare una regola al teatro. In ogni caso, profondamente ignorante mi sono fatto portare da D'Elia in giro per l'oceano. Tra America ed Europa a bordo del piroscafo Virginian le immagini mi arrivano alla mente come dire dirette. E le movenze di quell'attore che si è trasformato nel narratore della storia di Baricco mi fanno rivivere il momento. Non so dire quanto sia durata la performance. Non so dire se poco tanto se troppo o troppo poco fatto sta che dopo aver già vissuto un paio di emozioni fortissime date dall'interpretazione dell'attore mi ritrovo Novecento su una cassa di dinamite nella pancia del piroscafo ad arringare a una giuria di gente circa la sua vita passata a bordo di quella nave. La leggerezza con la quale quell'uomo mai sceso sulla terra ferma decide che non ci scenderà nemmeno quando la nave verrà dismessa e affondata è disarmante. Ed è disarmante il modo in cui D'Elia riesce a renderlo leggero. Dopo un paio di ore di emozioni, stupore, gioia, tristezza e malinconia l'ultima frase del racconto, quando uno stanco Novecento si rivolge al narratore dopo avergli spiegato le ragioni che lo spingono ad affondare con la nave ma convincendo l'amico ad uscire si concludono con un malinconico scherzoso "Fratello è dinamite quella che hai sotto il culo, dai alzati e levati da qui, questa volta è finita per davvero."
BUIO.
Scriverlo è già di per se geniale, e il merito naturalmente va a Baricco. Ma sentirlo. Sentirlo dire da un personaggio che ha sofferto la storia del suo amico imitandone anche la voce quando voleva farlo parlare. Un amico che ha fatto trapelare per tutto il tempo il suo affetto incondizionato a quello strano uomo che non scendeva da una nave chissà perché. Ecco sentirlo mi ha lasciato nel teatro per tutto il resto della serata. Anche a casa, nel letto a cercare di prendere sonno, ero ancora nel teatro. Grazie mille Corrado D'Elia.

Nessun commento:

Posta un commento

COME AI FUNERALI FIRMA IL REGISTRO